Pastinaca di Capitignano

Pastinaca di Capitignano

La pastinaca è una radice simile alla carota ma di colore bianco crema e con intricate ramificazioni che ricordano lo zenzero.

La pastinaca di Capitignano è una radice antica e preziosa che affonda le sue origini nella storia agricola europea. Già citata da Carlo Magno nei suoi capitolari come ortaggio da coltivare nei villaggi imperiali, ha rischiato di scomparire con la diffusione della patata tra Cinquecento e Seicento. A Capitignano, però, è sopravvissuta grazie al legame profondo con la cultura contadina e con le festività religiose, diventando parte integrante dell’identità locale.

Si presenta con un aspetto singolare: radice bianca crema, ramificata e irregolare, tanto da sembrare quasi una piccola scultura naturale. Questo ecotipo si è adattato nei secoli al clima montano e ai terreni drenati dell’Alta Valle dell’Aterno, sviluppando caratteristiche uniche. La semina avviene in primavera, mentre la raccolta, eseguita rigorosamente a mano, si svolge da novembre a marzo. Conservata correttamente, mantiene a lungo la sua fragranza, ma se lasciata troppo a lungo nel terreno diventa fibrosa e poco adatta al consumo.

La tradizione la lega in particolare alla Vigilia di Natale, quando viene servita come uno dei sette piatti vegetali rituali, cucinata semplicemente in padella con aglio, olio e peperoncino. Questo uso non è soltanto gastronomico, ma racchiude un forte valore simbolico: la radice che nutre diventa metafora delle radici culturali e spirituali della comunità.

Dal punto di vista nutrizionale è più leggera della patata, con meno calorie ma ricca di fibre, vitamine e sali minerali. La sua versatilità la rende adatta a diverse preparazioni: si consuma cruda in insalata, bollita, fritta, al forno, in purea, in frittata o persino come ingrediente per pani e confetture.

Oggi la pastinaca di Capitignano è riconosciuta come Presidio Slow Food, risultato di un impegno collettivo volto a salvaguardare la biodiversità agricola e la memoria gastronomica del territorio. Grazie al lavoro di agricoltori e famiglie locali, questa radice non è più solo un ricordo del passato, ma un simbolo di rinascita, resilienza e orgoglio comunitario.